Ad uscire allo scoperto è il mitico regista italiano, Pupi Avati, che racconta la sua distanza dalla sinistra e la stima per Berlusconi.
Riconosciuto come uno dei migliori registi italiani, Pupi Avati ha dichiarato di non essersi mai definito di sinistra. Realizzando “un cinema molto poco di moda ma alternativo”, questa indipendenza ideologica gli è costata cara sulla pelle.
Pupi Avati: “Culturalmente non esisto”
“Io faccio parte di quel 45% delle persone astenute della politica“, ha confessato Pupi Avati, spiegando di aver preservato la possibilità di avere una propria idea che purtroppo “non trova espresso in questo antagonismo così netto”.
Questa libertà di pensiero ricade direttamente sulla propria vita, in una società sempre più scadente. “Il livello di creatività del nostro paese è bassissimo. Lo vedo dalle scuole di recitazione dove insegno. Vedo i ragazzi che sono totalmente rassegnati a un piano B, hanno smesso di sognare”, afferma il regista.
Avati ribadisce il fatto di non appartenere all’egemonia culturale di sinistra, e ancora oggi rivendica la possibilità di “essere totalmente libero, di non essere prevedibile e questa cosa l’ho pagata caramente“. Di conseguenza, non producendo lavori legati a quel mondo, non ha fatto “film funzionali a quel tipo di ideologia e proposta culturale. Culturalmente io non esisto“.
Quando ha capito di non appartenere alla cultura di sinistra
Il regista racconta che, quando arrivò a Roma, frequentò “la terrazza romana dell’attrice e regista Laura Betti, quella di Moravia, di Siciliano di Bertolucci, Pasolini di cui ho scritto l’ultimo film”. Ma ecco che capì di non far parte di quel contesto.
Per Avati, due sono gli elementi che preservano l’identità di una persona: “il primo l’emarginazione. E per essere emarginato è stato sufficiente che dicessi che mia madre era assessore della Dc di San Lazzaro per far sì che sulla quella terrazza non fossi più invitato. La seconda è l’onorabilità alla quale pervieni attraverso l’età”.
“Berlusconi mi ha affascinato follemente”
Ma anche Pupi Avati nella vita ha avuto un personaggio che è riuscito ad attrarlo particolarmente. “Chi mi ha affascinato follemente è stato Silvio Berlusconi”, dichiara il regista definendo la sua sfrontatezza come “un qualcosa di unico”.
“Quando lo vidi nel ’94, quando mi apparve per la prima volta, diceva delle cose così al di fuori del comune che pensai: ‘Finalmente qualcuno di diverso’. Poi nel corso della sua vita ci sono stati una serie di eventi che lo hanno zavorrato e ne hanno opacizzato l’immagine. Hanno cominciato a fargli i conti in tasca, è stato odiato tantissimo ma al contempo reso molto popolare. Io e tutta la mia famiglia ne siamo rimasti fortemente affascinati”, racconta Avati.
Il regista è convinto che “Berlusconi non abbia avuto rivali. E sa perché? Perché percepiva l’essere umano. Lui mi ha incontrato due volte ed era come se parlasse con la persona che cercava da sempre, anche se mi aveva incontrato per caso e magari non sapeva nemmeno chi io fossi”. Aveva questa abilità da grande seduttore che non hanno questi politici”.
“Lei può solo immaginare le liti che facevo io alle cene, e parliamo della metà degli anni ’90, nella “Roma bene” difendendo Berlusconi contro tutti. Perché ne sono stato veramente invaghito, innamorato. Mi è parso un qualche cosa di così inedito, nuovo, moderno che posso tranquillamente dire che abbia rappresentato un’eccezione. Nessuno mai come lui”, conclude.